Nessuna Speranza Nessuna Paura

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Nessuna speranza Nessuna paura. Dario Torre racconta il rock napoletano dagli ’80 ad oggi.

“All’alba degli anni ’80, l’Italia fu invasa da nuovi suoni provenienti dall’Inghilterra e dagli Stati Uniti. La rivoluzione all’estero era già cominciata da un decennio e il riverbero delle imprese di band quali Ramones, Damned, Sex Pistols (questi ultimi non tanto per l’etica punk quanto per l’impatto estetico), o di quelle più estreme come GBH, Crass e via dicendo, si impose entro i confini italici, notoriamente restii e svogliati verso tutto ciò che non fosse tradizionale e politicamente innocuo. Napoli, seppur lentamente, assorbì e rielaborò quella nuova ondata dando il suo corposo contributo. La new wave (nella sua accezione più vasta, dal dark al punk/hardcore) o il metal (comprese le forme più estreme come trash, grind e death) divennero linguaggio comune tra i giovani, elemento di aggregazione e rabbiosa risposta all’atavico e proverbiale senso di frustrazione con il quale conviviamo quotidianamente a contatto con la realtà partenopea (e italiana).”

Questo è l’incipit del libro d’esordio di Dario Torre, chitarrista e critico musicale. Nessuna Speranza Nessuna Paura trova la sua spiegazione nel sottotitolo, ovvero il rock napoletano dagli ’80 ad oggi. Una sorta di mini-enciclopedia che ha come scopo il viaggio tra i luoghi e le tendenze del rock dell’ambiente napoletano. Abbiamo fatto qualche domanda a Dario, che ci ha risposto alla velocità della luce sfatando il mito che i bravi musicisti sono “sfuggenti figli di puttana.”

http://www.youtube.com/watch?v=bq08ePPtJo4

–  Dario, tu fai parte di un gruppo con un certo seguito in territorio napoletano, che si chiama Stella Diana. Che tipo di musica suonate, e tu che ruolo hai all’interno di esso?
–  Degli Stella Diana ne sono cantante e chitarrista. Che cosa suoniamo? Se partiamo dalle influenze che abbiamo, ovvero Medicine, Slowdive, Ride, Chameleons, Echo and the Bunnymen, Joy division, diciamo che ne viene fuori una specie di wave-shoegaze… a febbraio pubblicheremo il nostro nuovo album.

–  Il tuo Nessuna speranza Nessuna paura tratta un argomento insolito ed originale, che ha richiesto una grande e lunga ricerca da parte tua, il rock indipendente napoletano dai mitici ’80 ad oggi. Come mai questa scelta? Cosa ti ha portato a scavare così a fondo?
–  Perché mi sembrava fosse ora di rendere giustizia ad una città musicalmente viva come Napoli… anche per dei generi sotterranei e poco conosciuti. Siamo sempre stati identificati con la musica popolare, la vesuwave e la posse. Senza nulla togliere a tutto ciò, va detto che  Napoli vanta dei primati in generi molto più underground, e sarebbe stato un peccato non dare il giusto risalto a questo aspetto. Gli ultimi trent’anni sono stati ricchi di band e contesti dove tale cultura si è espressa.

– Nessuna Speranza Nessuna paura, oltre ad essere il titolo del tuo libro, è un album dei Contropotere, uno dei primi gruppi hardcore punk in territorio campano. Che peso hanno avuto nella stesura del tuo libro, e sulla scena campana di quegli anni?
Come ho scritto nel mio libro, i Contropotere sono stati, e sono, il più grande gruppo punk (ma definirli tali è riduttivo) non solo di Napoli bensì dell’intero paese. Non li vedo, per quello che hanno dato, nemmeno più una semplice band, ma uno status mentale, una sorta di attitudine. Tra l’altro lo hanno dimostrato anche alla presentazione ufficiale del libro, a fine novembre, suonando dopo tantissimo tempo davanti 500 persone in delirio. I Contropotere dimostrano così che “se ce l’hai” non potranno mai spegnerti…

–  Nella premessa del tuo libro hai affermato che “il punk ha modificato le coordinate.” Puoi farmi un esempio tangibile di come il punk si sia infiltrato a Napoli?
–  Contribuendo alla libertà d’espressione, ridefinendo i codici. L’abbigliamento, l’approccio, il linguaggio punk non sono null’altro che una reazione al precostituito, una tabula rasa di tutto quello che veniva imposto e filtrato. Il punk collocò al centro i ragazzi. Non esistevano star musicali, ma normali persone che dimostravano con una semplice e scarna tecnica di poter imbracciare uno strumento esprimendosi liberamente.

–  Domanda da un milione di dollari: che cos’è per te il rock?
–  È uno specchio del tuo “altro” che altrimenti resterebbe nascosto.

– Insomma, il tuo Nessuna speranza Nessuna paura “ha una bella colonna sonora.” Pensi che sia solo per noi nerd della musica, o è accessibile anche a chi vuole solo “farsi una cultura”?
–  Soprattutto alla seconda categoria.  Serve a chi non se sapeva e non ne sa nulla. Serve a rispettare e considerare un po’ di più la cultura della propria città.  Serve a smetterla con l’asservimento verso quello che viene dalle altre parti del paese senza guardare prima a quello che abbiamo noi.

–  Cosa ne pensi dell’odierna scena musicale?
–  Ci sono un sacco di cose, ma c’è inutile concorrenza su tutto ed è un peccato perché il livello artistico non è affatto male, anzi. Il problema è la nostra continua e atavica voglia nel farci del male tra noi ostentando atteggiamenti meschini ed autolesionisti. Le band però pulsano e creano una varietà di musica: grunge, post-punk, elettrowave, stoner, punk… tantissima roba che val davvero la pena.

–  Vorrei che tu ci salutassi con un bel pezzo. In bocca al lupo, Dario!
–  Questo, credo, sia emblematico. “Non indietreggiare” dei Contropotere riassume tutto quello che sento e che voglio comunicare con questo mio piccolo contributo… non indietreggiare davanti a niente, mai.